Nel mio piccolo paese, Alzano Scrivia, pur avendo solamente quasi 400 abitanti in passato ci furono ben tre bar.
Uno all’inizio del paese, il noto Bar Milano, uno in Via Balduzzi,  conosciuto come l’ustäriä ad Bärièl, che io conoscevo come “Da Alice” e uno più all’interno vicino alla piazza “Il bar da Filippo ” o anche “Da Vanda”, così tutti lo conoscevano.
Forse all’inizio era una specie di latteria che poi si evolse con il passare del tempo. Ma non ne sono sicura.
Quanti ricordi legati a quel bar. Non c’era giorno che a casa mia non mi si diceva: “Vai da Vanda a prendere il latte”; “Vai da Vanda a prendere la birra da portare a papà nel campo”; ” Vai da Vanda a comprare le sigarette”; “Vai da Vanda a prenderti il gelato”.
Divenne anche un punto telefonico quindi chiunque di noi avesse bisogno di fare una telefonata andava da Vanda, nell’altra camera dopo l’ingresso,  dove passando una porta a soffietto si entrava nel salone e si trovava la televisione e  una specie di cabina con all’interno il telefono. Le dicevi: “Vanda devo fare una telefonata e lei ti accendeva il conta scatti dandoti la linea”.

Sembra preistoria se ci pensiamo ora ma non lo è, in fondo sono passati solo pochi decenni da quei tempi.
Quanti chilometri ho fatto da bambina per andare da Vanda. Lei era una signora molto gentile, pacifica; solo a vederla mi metteva serenità. Non credo di averla mai vista arrabbiata. Sua figlia Loretta, era mia amica. C’è stato un periodo che andavo spesso a giocare da lei al bar.
Ricordo che fumavamo di nascosto le sigarette che lei furtivamente sottraeva dai ripiani dietro al bancone. Eravamo piccole tipo dieci o poco più anni. Essendo una cosa proibita noi bambine ovviamente l’amavamo tantissimo. Ogni tanto Vanda ci scopriva e ce ne diceva di santa ragione.
Io quasi presi il vizio di fumare tant’è che me ne portavo a casa qualcuna e me la fumavo di nascosto in garage finché un giorno mio fratello Pietro scese in garage e mi disse: “Ma sento uno strano odore come di fumo di sigaretta. Non dirmi che hai fumato?”. E me le diede di santa ragione così da quel giorno non provai più a fumare.
Vanda era un punto di riferimento nel paese. Davanti alla porta del bar teneva qualche sedia e qualche tavolo e quando passavi spesso c’erano gli avventori seduti fuori che osservavano chiunque passasse davanti ai loro occhi.
Quando al martedì della festa di Alzano finiva la corsa in bicicletta spesso ci trovavi tanti corridori per la gioia di noi ormai ragazzine.
Ricordo ancora il suono della liste della tenda di plastica davanti alla porta a vetro del bar e il suo posarsi sulle mie guance mentre entravo cercando di spostarle.

Sicuramente nei cassetti della mia mente ci sono tantissimi altri ricordi di lei ma non riesco più a trovarli.
Vanda ha fatto parte della mia vita, anzi delle vita di tante persone. Il suo non era un semplice bar era un rifugio.
Lei credo sia stata una specie di confidente per molte persone che non avevano nessuno con cui parlare.
Anche papà ci andava quasi tutte le sere per giocare a carte o parlare con i suoi amici. Ricordo che quando tornava a casa mamma gli chiedeva cosa avesse fatto, di cosa avessero parlato. E lui le rispondeva in dialetto: “Ö pià un sciampagnè” è mi è sempre rimasta impressa questa frase.

Ogni tanto passavo in biciletta e lei stava li fuori seduta, con il braccio sopra ad un tavolino e la testa appoggiata ad una mano. Con la vestaglia sbracciata bianca e blu. A volte mi sembrava davvero stanca. La vita del bar non è una vita facile. In più lei viveva  lì quindi il suo lavoro non finiva proprio mai.
Io la salutavo e lei mi sorrideva sempre.

Oggi Vanda la voglio ricordare così: seduta al tavolino davanti al suo bar e voglio mandarle un ultimo caloroso e affettuoso saluto.
Arrivederci Vanda e grazie per tutto ciò che hai fatto per noi.

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