Erano gli anni Ottanta del secolo scorso e la musica era già entrata nella mia vita. Da tempo mi ero innamorata di questa rivista che si chiamava Ciao 2001. La compravo sempre e me la leggevo dalla prima pagina all’ultima. La trovavo interessante, bella e soprattutto diversa e trasgressiva. Gli artisti che proponeva, a me spesso sconosciuti, diventavano presto idoli. Non potevo farne a meno. Successe che nella mia vita, tra le tante musiche che ascoltavo arrivò anche lo SKA.

Lo ska segnò la vera ascesa della musica popolare giamaicana, trovando la maggior popolarità durante la prima metà degli anni sessanta,  giusto nel periodo in cui la Giamaica aveva ottenuto la sua indipendenza dalla Gran Bretagna. Le caratteristiche generali di questo genere risultano una mescolanza tra strumentazioni elettriche ed i fiati solitamente usati nella musica jazz, ovvero il sassofono, la tromba, e il trombone. Fu il precursore di altri importanti generi come il rock steady e il reggae, e come questi caratterizzato da un ritmo con accenti sul levare della battuta musicale. Mi piaceva da morire poi c’era questo modo di ballarlo che mi faceva impazzire. Anche in Italia ci furono numerosi gruppi divenuti famosi che fecero questo genere ma io ne adoravo solo due: i Madness e i Bad Manners. La canzone One step beyond dei Madness con quell’inizio in crescendo mi rabbrividiva e quando finiva la rimandavo sempre da capo. Per non parlare di quando loro camminavano in fila per strada nel video. Mi ero imparata tutti i passi dal momento che adoravo ballare. Come anche l’altro loro famoso successo Our house. Questo poi loro modo di vestirsi sempre in bianco e nero con cose a quadretti bianchi e neri. Mi piaceva molto. Un giorno lessi sul muro della mia scuola qualcosa tipo W lo ska e ricordandomi quanto Ciao 2001 ne avesse parlato decisi di mandare una lettera al giornale parlando di questo genere che amavo molto.

Io scrivevo spesso ai giornali, mi piaceva. Scrissi una lettera semplice dove feci, a mia insaputa, una specie di rap sulla parola ska. Tipo che so:  questa musica freska o frasi simili tutte in rima. Poi feci un raffronto sempre ironico con i Beatles, dicendo che in fondo anche loro potevano fare ska visto che beatles  in italiano vuol dire skarafaggi.

Avevo ovviamente firmato la lettera e dopo poche settimane ricevetti un sacco di lettere. Non vi dico cosa c’era scritto: di ogni.
Mi ero permessa di parlare in modo ironico di un non genere secondo i puristi del giornale, quindi in molti si permisero di scrivermi dicendo che di musica non capivo nulla eccetera. Me ne ricordo una in particolare di quelle lettere di un ragazzo di Genova, il quale mi scrisse parole oscene oltreché dirmi che ovviamente per me la musica non era cosa. Oltretutto sulla busta c’era scritto accanto al mio nome “bulicio” che in genovese significa gay. Dovetti andare in posta a chiedere al postino se sapesse cosa volesse dire e lui mi fece capire che era un insulto. All’epoca Google non era ancora stato inventato.
Gli risposi credo con tre pagine di lettera dove gli dicevo che prima di offendere le persone si dovrebbe per lo meno conoscerle. Iniziai ad elencargli tutti gli artisti che mi piacevano, le loro canzoni, titoli di ogni artista anche il più sconosciuto ai molti. Ebbene mi rispose e si scusò dicendomi che avevo una cultura musicale molto superiore alla sua. Che per una donna mi faceva davvero onore. Insomma per farla breve diventammo pure amici. Lui era un appassionato dei Led Zeppelin e pure io.

Continuai ad ascoltare i Madness e tanto altro Ska, insieme ai Police, ai Led Zeppelin, ai Pink Floyd. A me piaceva la musica e quando era piacevole da ascoltare e suonata bene il genere poco importava. E quella cosa mi è rimasta per fortuna.

Devo avere ancora da qualche parte quella lettera. Quelle risposte mi mortificarono molto perchè volevo dire a tutti che io non ero così, io sapevo tutto di musica ma non mi fermavo solo a quella per l’epoca considerata pura. Io studiavo la musica, ne ero appassionata. Ma purtroppo di persone in giro superficiali e convinte delle loro idee ce ne sono tantissime. Ed è una lotta inutile spiegare loro. E purtroppo ce ne sono ancora oggi. Anzi di più.

Angela Megassini

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@angelamegassini

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