Sono diventata una donna di casa già da bambina. A casa mia e mi ripeto, si lavorava e basta.
Non c’era posto per i giocattoli, il gioco. Al massimo si poteva andare a girare in bicicletta. Anche qui posso dire di avere imparato ad andare in bicicletta grazie alle mie amiche Vilma e Valeria perchè io non avevo una bici. Così nel cortile della loro cascina ci facevamo dei grandi giri proprio in senso geometrico in questo grande piazzale che stava proprio davanti alla loro casa. Quante pedalate in cerchio, quante cadute ma che gioia infinita. Era una vecchia bicicletta marrone piccola, ma molto veloce e pratica. Poi un giorno mio zio, che non aveva figli ed era molto benestante mi regalò una Graziella. Per me fu una gioia enorme. Con le mie amiche che già da tempo possedevano una bicicletta tutta loro potei finalmente andare a girare vantandomi della mia bicicletta nuova fiammante. Ricordo ancora il suono di quel campanello. Sulla mia bicicletta mi sentivo davvero libera. Mi sentivo padrona del mondo e mi sembrava di volare. Ma c’era un giocattolo che ho sempre adorato ma non ho mai avuto: l’orsacchiotto. Io adoravo gli orsacchiotti, quelli belli paffuti e morbidi. Ma mio padre non me ne comprò mai uno.

Finché un giorno che ero già grandicella andammo in una tabaccheria in un paese vicino, Castelnuovo Scrivia, per prendere le sigarette a papà. Entrai nel locale e vidi in un angolo seduto un bellissimo orsacchiotto rosa, con la pancia e i palmi delle mani e delle zampe bianchi. Fu amore a prima vista. Era Pasqua e mio papà vide le uova di Pasqua e mi chiese se ne volessi uno, di sceglierlo che me lo avrebbe regalato. Io gli dissi che non volevo un uovo di Pasqua ma volevo quell’orsacchiotto. Costava tanto, circa 14.000 lire che all’epoca erano davvero tanti soldi. Ma vuoi la complicità della commessa che vide la mia folgorazione per quel piccolo essere dagli occhi grandi e tondi, vuoi che era festa, convinse mio padre ad acquistarlo.

Mio padre lo prese e me lo diede. In quel momento mi assalì una tale gioia che provo ancora adesso. Come se avessi incontrato la Madonna in persona, invece era solo un piccolo orsacchiotto. Oltretutto se gli schiacciavi la pancia faceva un verso tipo orso.

Era bellissimo. Arrivai a casa felicissima lo feci vedere a mamma e poi lo tenni stretto a me per tutto il giorno. Me lo portai a letto e da allora fummo inseparabili. Come mi piaceva quell’orso. Dopo tanti anni di richieste il mio desiderio si era avverato, il mio piccolo batuffolo rosa e bianco era lì con me. Lo mettevo seduto accanto a me sul divano per guardare la TV e quando mangiavo. Lo trattavo come un figlio. Potevo abbracciarlo. Già quegli abbracci che mi sono sempre mancati così tanto nella mia famiglia. Io trattavo il mio orsacchiotto con quell’affetto che avrei tanto voluto io ma che non ho mai avuto.

L’ho tenuto per anni e anni, poi nei vari traslochi andò perduto. Ma ho sempre amato gli orsacchiotti. E quando mi sposai ne comprai altri. Finalmente libera di avere tutti quelli che volevo.

Angela Megassini

 

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@angelamegassini

2 commenti su “IO E L’ORSACCHIOTTO ROSA”

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