THE GREEN BOOK & THE BLUES
Il mondo è sempre stato diviso in colori:
Il bianco, il nero, il rosso … Verde era il colore di questo libro anzi di questa guida ideata nel 1936 da Victor Hugo Green, un impiegato delle poste di New York. Il libretto era una specie di “guida Michelin” per i neri che avevano un po’ di soldi o avevano fatto fortuna, con indicati i luoghi dove potevano soggiornare o mangiare senza dover essere maltrattati o addirittura esclusi per il colore della loro pelle. Era diventato la Bibbia del viaggio nero. Per quei neri ovviamente che potevano permettersi un viaggio. Tra questi c’erano molti musicisti, che venivano chiamati dai bianchi per suonare il luoghi di prestigio. The Green Book è anche il titolo di un film pluripremiato agli Oscar che racconta la storia di uno di loro. Anzi no, la storia vera di un bianco italoamericano Tony che diventa l’autista di un famoso musicista nero di New York, Don Shirley che vive in un lussuoso appartamento sopra la Carnegie Hall a New York. Ancora una volta i colori entrano in gioco. Il bianco e il nero legati da un libro verde. Una storia bellissima. Negli anni Sessanta vige la segregazione e Tony deve portare Don in tour in molti stati degli USA specialmente nel Sud dove essere neri non è certamente una fortuna. Ne capiteranno di ogni.


I bianchi Italoamericani e i neri che vivevano in USA si somigliavano più di quanto crediamo. Siamo stati un popolo di emigranti. Un’Italia intera se ne è andata nell’arco di un secolo. Molti sono andati negli Stati Uniti. Mi sono sempre chiesta come mai nessun Italo Americano non parlasse una sola parola di italiano. Poi anni fa mi sono imbattuta nei “dago” ovvero questo termine dispregiativo che veniva dato agli italiani che erano emigrati in America che potrebbe derivare da “they go” oppure “dagger” che significa coltello visto l’uso che gli italiani ne facevamo un tempo. Alcuni amici mi hanno raccontato di come ai loro genitori fosse proibito imparare l’italiano perché se lo avessero parlato sarebbero stati maltrattati e presi in giro. I bambini che andavano a scuola venivano derisi perché si diceva che puzzavano, per via del fatto che le loro madri continuassero a cucinare cose “strane” per gli americani di allora. Insomma la segregazione l’abbiamo avuta pure noi, che pensate. Un altro mio amico italiano ma che vive in America mi raccontò anni più tardi che lavorava in una ditta dove faceva installazioni e faceva spesso i turni. Una sera andò a lavorare in un luogo molto pericoloso, era notte. Si avvicinarono dei tipi poco rassicuranti afroamericani, si capiva che volevano fargli del male. Ma ad un certo punto uno di loro gli chiese: “ma di dove sei, non sembri Americano”. E lui rispose che era italiano. Così i tipi incominciarono a parlargli anzi lo aiutarono e lo salutarono, e se ne andarono.
Non importa il colore, la razza, da dove vieni o altro. L’uomo trova sempre un modo per distinguere e per fare differenze.
Il mondo è cambiato e questo è un bene.
Una volta disprezzavano gli italiani perché cucinavano i loro piatti “puzzolenti”.

 

Adesso ce li invidiano quei piatti e spendono migliaia di dollari solo per il nostro cibo.
Una volta disprezzavano gli afroamericani perché suonavano la musica del Diavolo.
Adesso i bianchi gliela invidiano e pensano di averlo dentro pure loro il blues e fanno di tutto per dimostrare di averlo a volte scimmiottando una cultura che non è loro.
Nonostante ciò le distinzioni dei colori restano:
I neri restano neri, la cucina dei musulmani o dei cinesi puzza, abbiamo tantissime guide turistiche, tanti siti dove programmare i nostri viaggi.
E abbiamo ancora un green book che ci unisce tutti: metà del mondo è devastato da guerre e atrocità e là non ci possiamo proprio andare.
Quelli che vedete qui sono i green book originali che ho visto al museo dei diritti civili a Memphis, da brivido…

Angela Megassini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

#angelamegassini

@angelamegassini

 

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